giovedì 29 gennaio 2009

LA POESIA DI JACQUES PREVERT

Biografia di Prèvert
di Yves Courrière

Parole apparve nelle vetrine delle librerie il 10 maggio 1946. E fu uno shock intellettuale quale non s'era mai visto. Dapprima e soprattutto a Saint- Germain-des-Prés, dove una gioventù oppressa da quattro anni di Occupazione voleva esprimere la sua sete di libertà. Prévert, con il suo anarchismo, rispondeva alle aspirazioni di quei giovani. Era un uomo pieno di ribellione, di loro gusto, che non rispettava altro che la condizione dei più poveri, dei meno favoriti dalla sorte e soprattutto che parlava il linguaggio della strada senza mai cadere nel preziosismo lambiccato dei colleghi troppo spesso ermetici. Librai e osservatori letterari del Quartiere - così veniva ora chiamato Saint-Germain - fino allora increduli, furono i primi a sentire gli effetti di un entusiasmo che, stavolta, andava oltre la cerchia degli amici di vecchia data o recentemente acquisiti, che regnava dal Flore alla Casa degli amici del libro. Lì, più che mai, Adrienne Monnier sosteneva con tutte le sue forze declinanti un protetto che non l'aveva mai delusa. Il fior fiore dei librai d'avanguardia, come Pierre Béarn di rue Monsieur-le-Prince, o José Corti di rue de Medicis, l'avevano imitata, essendo stati i primi a notare il talento di quel poeta che fino allora aveva pubblicato soltanto in riviste rare o di lusso. Proprio da José Corti, ricordiamo, il giovane Maurice Nadeau, squattrinato, aveva copiato da Commerce quel Tentativo di descrizione di un banchetto in maschera a Parigi-Francia che apriva Parole, sebbene Prévert si fosse mostrato molto restio all'idea di cominciare il suo primo libro con un'opera così "forte". Le vendite iniziali furono più che incoraggianti. Béarn ne smerciò "alcuni metri cubi", giustificando l'osservazione di Roger Nimier, che dirà di lì a poco: "Prévert non è più di moda, è diventato popolare". In rue dell' Odéon Adrienne Monnier, che aveva ordinato cinquecento copie dell'edizione normale a trecentocinquanta franchi il volume, ne vendette dieci il primo giorno! I suoi collaboratori, Léonie Thévenet e Maurice Saillet, terranno nota dei primi acquirenti. Un giovane reporter, frequentatore abituale, Michel Cournot, acquistò la primissima copia, di lì a poco seguito dal dottor Jean Bernard, futuro professore ordinario alla facoltà di medicina, altro fedele di rue de l'Odéon, che ne prese tre! L'indomani, gli acquirenti furono due volte più numerosi. Dal momento della messa in vendita, il passaparola funzionò a meraviglia. I vecchi compagni surrealisti si precipitarono per primi, come il fotografo medico Jacques-André Boiffard o il disegnatore Maurice Henry e il pittore Félix Labisse, poi Alain Resnais, Julien Gracq, Michel Leiris, la fotografa Gisèle Freund, André Gide in persona, amico di Adrienne Monnier la quale, dopo aver venduto trecento copie di Parole, tenne il conto dei clienti senza osare chiederne il nome ma descrivendoli con formule lapidarie: "Signora arcigna", "signore distinto", "ragazza ben pasciuta", "cortese coglione", "giovane fessacchiotto"... Sylvia Beach, amica e vicina di Adrienne, con la sua famiglia batté il record assoluto degli acquisti con quattordici copie! Alla lettura delle bozze inviate da René Bertelé, il brillante saggista e critico Gaètan Picon aveva manifestato il suo entusiasmo fin dal mese di marzo, sulla rivista Confluences di René Tavernier. Non esitava a parlare di "evento letterario",mentre Maurice Nadeau, che aveva lasciato l'insegnamento per il giornalismo, noto fin dal novembre 1944 per la sua Storia del surrealismo, incensò l'autore di Parole in Combat (di cui era diventato direttore letterario), in Gavroche e nella Revue internationale , subito imitato da Pierre Dumayet in Poésie e Action , tutti giornali di sinistra e per lo più nati dalla Resistenza. Tutti condividevano il parere espresso per primo da Gaètan Picon: "L'opera di Prévert è il solo esempio valido di una poesia popolare in un momento in cui la poesia e il popolo, per quanti sforzi siano stati fatti per conciliarli, non sono mai stati più lontani [...]. Parla spontaneamente la lingua del popolo, è in comunicazione diretta con la sua verve, il suo genio latente, la sua complessità. [...]. Il popolo ha una sua mitologia che può essere scoperta soltanto all'interno della sua esistenza quotidiana. Prévert, pressoché solo, è dentro e non fuori". Sulla prestigiosa rivista Critique , pubblicazione che offriva un panorama estremamente vagliato della vita delle idee all'indomani della Seconda guerra mondiale, il suo direttore, Georges Bataille, conosciuto da Prévert negli anni Trenta, sposato con l'attrice Sylvia Bataille che in quello stesso momento recitava in Mentre Parigi dorme , gli dedicò un lungo studio intitolato Dall'età della pietra a Jacques Prévert . "Prévert" diceva ammirato "si teneva fuori dal gioco letterario... parlando senza fracasso intellettuale, affascinando chi l'ascoltava, di solito attorniato da compagni molto alla buona, spesso proletari...", parere appena avvalorato su L'écran français dal "tuttologo" trotzkista Jean Rougeul (ex Croquefruit , da lui fondato a Marsiglia con Sylvain Itkine) diventato brillante critico su alcuni giornali sbocciati durante la Liberazione: "Il tono del linguaggio è così popolare che mai poeta, penso, si è inteso così direttamente con gli operai o con i bambini". Mentre Le Figaro, sotto la penna di Jean-Jacques Gautier, aveva demolito Aubervilliers, Prévert trovò nel Figaro littéraire un difensore di prima grandezza nella persona di André Rousseaux, il cui inserto settimanale era atteso da tutto il mondo librario: "La pubblicazione di una raccolta di poesie di Jacques Prévert mi sembra l'evento più importante nella vita della nostra poesia dalla fine della guerra". Ci furono, naturalmente, i detrattori, e non tra i meno importanti. Di lì a poco si paragonò Prévert a "un Géraldy il cui abatjour sia diventato un lampione"; Albert Camus, nuovo maître à penser, gli darà addirittura del "guignol del marciapiede che si prende per Goya". Il pubblico non fu dello stesso parere. "Cinquemila copie furono vendute nella settimana successiva al giorno della pubblicazione" ricorderà René Bertelé, ancora sbalordito dal successo inaspettato. "Se i librai (tolti quelli di avanguardia) avevano profetato: Interessa soltanto qualche giovane di Saint- Germain-des-Prés, Parole ha raggiunto un pubblico letterario oltre che un pubblico colto, ed è stato accolto come un'immensa boccata di ossigeno, una cura disintossicante per tutto il clima letterario di dopo la Liberazione. Finalmente un libro dove non si faceva la morale! La gente ne aveva fin sopra i capelli della poesia patriottica e dei buoni sentimenti". In pochi mesi di quel 1946, Jacques Prévert, fino allora noto entro una piccola cerchia di fedelissimi gravitanti tra il Café de Flore, il Lipp, il Deux Magots e le librerie più intellettuali del Quartiere, apprezzato soltanto dal mondo del cinema, diventò il poeta più famoso di Saint-Germain-des-Prés, il più ammirato, "una vera star".
Ed ecco una delle sue poesia che amo di più, il più bel regalo che ho ricevuto nella mia vita, anche perché fattomi dalla persona che per me contava in assoluto in quel momento, fu proprio un libro di poesie di Prèvert.

Questo Amore così violento
così fragile
così tenero
Così disperato
Questo amore
bello come il giorno
e cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo Amore così vero
Questo Amore così bello
Così felice
Così gaio
E così beffardo
Tremante di paura come un bambino al buio
e così sicuro di sè
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo Amore che impauriva glia ltri
Che faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo Amore spiato
Perchè noi lo spiavamo
Perseguitato, ferito, calpestato, ucciso,negato dimenticatto
Perchè noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato
ucciso, negato,dimenticato
Questo Amore tutto intero
Ancora così vivo
e tutto soleggiato
e tuo e mio
E' stato quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
E che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda e viva come l'estate
Noi possiamo tutti e due
Andare e ritornare
Noi possiamo dimenticare
E quindi riaddormentarci
Risvegliarci, soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognare la morte
Svegliarci, sorridere e ridere
E ringiovanire
Il nostro Amore è là
Testardo come un asino
vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Sciocco come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
E ci parla senza dir nulla
E io tremante l'ascolto
E grido
Grido per Te
Grido per Me
Ti supplico
Per Te per Me per Tutti coloro che si amano
E che si sono amati
Sì, io gli grido
Per Te per Me per Tutti gli altri
Che non conosco
Fermati là
Là dove sei
Là dove sei stato altre volte
Fermati
Non muoverti
Non andartene
Noi che siamo amati
Noi ti abbiamo dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che Te sulla terra
Non lasciarci diventare gelidi
Anche se molto lontano sempre
E non importa dove
Dacci un segno di vita
Molto più tardi ai margini di un bosco
Nella foresta della menoria
Alzati subito
Tendici la mano
e Salvaci

Non so a chi la leggerà che effetto potrà fare, io però la considero una di quelle che mi piace da morire...non c'è niente che non venga espresso, rivolto a un Tu individuale, ma che può benissimo essere capovolto come una espressione d'amore, non per forza tra due innamorati...ma un inno all'Amore stesso.

1 commento:

lasettimaonda ha detto...

Concordo pienamente, Franca.....un inno stupendo all'Amore.
Emozionante.
Un saluto!Syl