Immagini che scuotono....e che almeno a me bloccano automticamente l'immaginazione, una difesa che scatta in me, quando sento che potrei soffrirne troppo, ma già quello che vedo senza immaginare è sufficiente per farmi soffrire molto.
Quello che vi posto sotto, è l'editoriale di oggi del bravo Massimo Gramellini (uno dei miei giornalisti preferiti) che ha scritto sulla prima pagina della STAMPA.
Un editoriale breve, ma essenziale per esprimere una tristissima verità che è brutto ammettere, ma che salta alla ribalta nella sua drammacità, solo o quasi in occasione di un tragedia così immane.
Condivido ogni parola dell'editoriale, e anche se poco....(il problema delle condizioni di gente così lontana da noi, occupa spesso le mie riflessioni....) mi sento anch'io un po' in colpa, non avevo voglia di aprire Internet...ma è il minimo che per ora posso fare per sentirmi vicino a queste persone, in seguito cercherò di dare il mio piccolo contributo, anche se capisco che è poco quello che io posso fare, ma il titolo che Gramellini ha dato al suo editoriale è stato molto efficace anche per me...la mia coscienza è scossa!
SCOSSA DI COSCIENZA di Massimo Gramellini dalla prim pagina della STAMPA
Sconvolto dagli effetti apocalittici del terremoto di Haiti, sono andato in cerca di informazioni per scoprire com'era la vita nell'isola, fino all'altro ieri. Ho appreso che l'ottanta per cento degli haitiani vive (viveva) con meno di un dollaro al giorno. Che il novanta per cento abita (abitava) in baracche senza acqua potabile né elettricità. Che l'aspettativa di vita è (era) di 50 anni. Che un bambino su tre non raggiunge (raggiungeva) i 5 anni. E che, degli altri due, uno ha (aveva) la certezza pressoché assoluta di essere venduto come schiavo.Se questa è (era) la vita, mi chiedo se sia poi tanto peggio la morte. Ma soprattutto mi chiedo perché la loro morte mi sconvolga tanto, mentre della loro vita non mi è mai importato un granché. So bene che non possiamo dilaniarci per tutto il dolore del mondo e che persino i santi sono costretti a selezionare i loro slanci di compassione. Eppure non posso fare a meno di riflettere sull'incongruenza di una situazione che - complice la potenza evocativa delle immagini - mi induce a piangere per un bambino sepolto sotto i detriti, senza pensare che si tratta dello stesso bambino affamato che aveva trascorso le ultime settimane a morire a rate su quella stessa strada. Così mi viene il sospetto che a straziarmi il cuore non sia la sofferenza degli haitiani, che esisteva già prima, ma il timore che una catastrofe del genere possa un giorno colpire anche qui. Non la solidarietà rispetto alle condizioni allucinanti del loro vivere, ma la paura che possa toccare anche a me il loro morire.
Un caro saluto a tutti e un buon proseguimento di Nuovo Anno!
5 commenti:
Cara Franca, mi stupisce un poco che un giornalista, che in teoria dovrebbe essere una persona colta o almeno informata, non conoscesse la storia e la drammatica situazione di Haiti.
Boh.....
E' vero, ogni volta che succede una terribile disgrazia a qualcun altro o in qualche remoto paese, la paura ci attanaglia, terrore che anche a noi possa capitare, che anche nelle nostre calde case possa caderci il soffito sul capo, che anche le nostre agili gambe possano restare immobili in un letto....fà paura.
Ma per quanto mi rigurda ed in tutta sincerià, non è solo questo.
Certo, morire a rate nelle strade di Haiti, del Congo o di qualunque altro paese disperato, cosumarsi piano piano in una sofferenza senza fondo, è terrificante, ma la speranza, forse, non muore.
Il riscatto, la lotta per cercare di vedere il giorno successivo, che cerchiamo di costruire meno difficile di quello appena trascorso. Mi sono sempre fatta questa domanda: come facevano a trovare il coraggio di vivere, le persone che sono dovute passare attraverso un lager ( ne ho conosciute personalmente), un gulag o il famigerato S21, come potevano affrontare ogni mattina la giornata che li aspettava?
Grande determinazione, speranza, per qualche fortunato la fede ed in ogni caso anche un pò di "abitudine", si, sembra pazzesco asserirlo, ma anche l'abitudine alla sofferenza ti aiuta a proseguire.
Se 20 anni fà mi avessero detto che non avrei potuto più far scricchiolare la neve sotto ai miei passi o lasciare le mie orme sulla sabbia di una bella spiaggia, se solo mi avessero assicurato che il mio futuro poteva essere senza una nidiata di pargoli, che ciò che stavo faticosamente costruendo poteva non realizzarsi....beh....non sarebbe stato facile affrontarlo.
Ma ci si arriva per gradi, non che sia semplice, ma ogni giorno impari e tu lo sai bene, ma con molta forza, si può fare.
Io riesco a soffrire per questa gente e non penso a me. Penso al fatto che non posso fare nulla, se che dar del danaro, per lenire le loro sofferenze, penso che ho una grande casa, calda e cibo e acqua sempre disponibile e potrei prendermi cura di una manciata di orfani o di vecchi e rendergli un pezzo di vita meno gramo.
Ma non si può.
E forse non sarebbe nemmeno giusto per loro, sai quante volte mi sono domandata se sia stata una cosa fatta bene, quella di ospitare per il soggiorno terapeutico, i bambini di Cernobil? Per 2 mesi gli abbiamo fatto vivere un mondo così lontano dal loro, piscina, vestiti nuovi (arrivavno praticamente seminudi), cibo a volontà (il primo giorno, Svetlana ha mangiato 7 banane!), centri commerciali, bagno in casa....e poi....tutto torna come prima. E loro? Persa ogni traccia e forse ciò la dice lunga.
Sono contenta che tu sia tornata, ma, accidenti, deve arrivare un terremoto per riaverti qui???; )))
Ti abbraccio e spero a presto!Syl-vietta
il commento di Silvetta mi ha colpito più dell'articolo che hai pubblicato e più di quanto è tragicamente accaduto. Riflessioni che ognuno di noi dovrebbe fare e che da qui, dalla "sicurezza" (virtuale o reale, chissà) delle nostre accoglienti dimore e del nostro "status" di paese apparentemente benestante, a volte non si fanno. Insomma, pare tutto così lontano ed irreale, eppure c'è. c'è sempre stato. La povertà non la si combatte o risolve dal tempo dei tempi... nonostante la buona volontà di chi - come noi - (e mi spiace ammetterlo) ma probabilmente alcuni solo in caso di tragedie come queste - provi a mandare un piccolo contributo persoale. Ma è solo una goccia d'acqua in mezzo all'oceano...
Ciao Franca, ho rinviato più volte, il commento al tuo post.
Quella foto poi mi ha veramente scosso, sarà l'età, ma la sofferenza rappresentata nella sua realtà più cruda, è un peso che non riesco più a sostenere.
Condivido tutto quello che dice la nostra Syl, come te sensibile alle sofferenze, chiunque le viva.
Un grosso abbraccio da parte mia, spero riesca a sentirlo nonostante i kilometri che ci separano.
Ciao Franca, passo per un abbraccio.....congelato!!
Qui oggi fà un gran fredo!!!!!!!
A presto!Syl-vietta
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